Archeoclub d’Italia è “costituzionalmente” alleato con il mondo della scuola. I suoi soci, per la maggior parte, sono insegnanti; la promozione e la divulgazione dei beni culturali - alla base della sua missione statutaria e sociale – si avvalgono prevalentemente del loro apporto attraverso gli strumenti dei laboratori didattici, dei campi di ricerca, di corsi più o meno strutturati legati alla storia e all’arte del territorio. Il trapasso della conoscenza dell’antico (che non è antico) e del passato (che non è passato), sia essa impartita in cattedra o in un sito archeologico, oppure percepita dall’alto di un castello o sott’acqua, rappresenta l’ossatura portante del nostro essere Archeoclub d’Italia: perché solo chi conosce la grandezza e la bellezza del patrimonio artistico nazionale ha la possibilità di conservarlo e trasmetterlo, per quanto è possibile, alle generazioni successive. E l’educazione al bello e alla grandezza dell’arte deve cominciare sicuramente dai banchi di scuola, laddove la curiosità è maggiore, il cervello fertile, l’immaginazione alle stelle.
Tutta l’azione associativa, sin dalla sua fondazione, è stata dunque imperniata sulla conoscenza della nostra identità culturale attraverso il coinvolgimento delle scuole e dei cittadini più giovani. Sin dai primi anni ’70 furono lanciati i primi Concorsi nazionali di disegno, poi divenuti fotografici, rivolti agli alunni della scuola primaria e secondaria, con lo slogan antico, ma più che mai attuale, “L’Italia sta perdendo la memoria, aiutala a ritrovarla”. Gli alunni e con loro gli insegnanti dovevano prima individuare, e poi disegnare, nella propria città e nel proprio territorio beni culturali in stato di abbandono. Fu un grande successo perché per la prima volta la società civile, sotto forma di scolari e insegnanti, fu chiamata ad aver consapevolezza e contezza del patrimonio artistico di casa sua, in anni in cui ecologia e natura erano tematiche più facilmente percepite e veicolate sapientemente dalle potenti associazioni ambientaliste.
In seguito in alcune province del Meridione d’Italia fu lanciata l’Operazione conoscenza, si trattava di censire e catalogare, a sostegno del lavoro delle soprintendenze, i reperti del patrimonio artistico minore attraverso la compilazione di schede precostituite, furono coinvolte per l’iniziativa scuole ed enti locali.
Nacquero in seguito alcuni centri specialistici dove si sono formati e tuttora si formano i nostri soci e da cui nascono proposte e strategie nuove per la conoscenza, la gestione e lo sviluppo dei beni culturali nazionali, in un confronto continuo di idee ed esperienze diverse. Voglio ricordare tra tutti il Seminario di architettura e cultura urbana di Camerino –una finestra internazionale per i giovani architetti che si vogliono cimentare nella “progettazione” della città ideale; i campi di ricerca dell’Isola del Lazzaretto Novo, a Venezia,che da oltre dieci anni insegnano, in collaborazione con la Soprintendenza competente, il senso profondo dello scavo inteso come un libro di scuola da sfogliare e da sperimentare; il Laboratorio di Ecologia del Quaternario, a Cupramarittima, che ha istruito, e tuttora istruisce, insegnanti e discenti alla preistoria e ai suoi manufatti. Quest’ultimo centro, in seno alle scuole del territorio di riferimento, costituisce l’asse portante di numerosi progetti con al centro discipline quali antropologia, etnologia, palentologia, paleobotanica, geologia.
Negli anni più recenti un gruppo di sedi, con in testa Foligno, si specializza nella formazione agli insegnanti. Lo scopo è far conoscere in modo approfondito e interdisciplinare la storia della propria città attraverso le forme dell’arte, dell’architettura e dell’archeologia.
Grazie a un appassionato lavoro i presidenti di sedi quali Val di Comino, Fabriano, Benevento, Capo d’Orlando, Cefalù, Cupramarittima, Foligno, mettono a punto una serie di programmi didattici rivolti a insegnanti e alunni: voglio ricordare il corso di Val di Comino, nel Lazio, denominato “Tra passato e presente” dedicato a Sanniti,Volsci e Romani; quello di Fabriano dedicato alle Marche, dal Manierismo al Barocco; quello di Benevento che con “incontri in tv tra arte cultura” ha sperimentato un nuovo laboratorio – la televisione – rivolto a docenti e discenti.
Ma è stata la sapiente organizzazione della sede di Foligno e della sua presidente, Carla Glingler - che non ringrazierò mai abbastanza - a ottimizzare i risultati e a farci ottenere il riconoscimento nazionale di ente formatore grazie alla sua caparbietà, alla sua bravura, ma, specialmente, grazie all’amore verso l’insegnamento e verso la sua città. Una miscela vincente che oggi possiamo vedere e vivere con questo convegno che non vuol essere un punto di arrivo, ma un punto da cui ripartire, insieme, cittadinanza e istituzioni, mondo del volontariato e mondo della scuola.
Sappiamo quale crisi sociale, culturale, economica stia attraversando la scuola. Conosciamo perfettamente i tagli che si stanno compiendo in questo comparto, speculare del resto a quello dei Beni culturali anch’esso arrivato al capolinea.
Cultura e istruzione, dunque, come due soggetti allo stremo delle forze, ormai da anni considerati dalla politica solo un capitolo di spesa e non un investimento, solo un peso e non una strategia per il futuro. Eppure dietro quei Beni culturali si assiepano tutta la memoria, la bellezza e la desiderabilità del Belpaese, dietro quell’Istruzione si nascondono decine di migliaia di menti, centinaia di migliaia di sogni e di aspettative sociali, milioni di occhi e di cuori in attesa di trovare sui banchi e nel proprio paese un’identità nuova, un modo di essere, un percorso di crescita materiale, intellettuale, spirituale che possa trasformare il bambino in uomo, lo scolaro in cittadino, attraverso la “persona umana” che esso è, e rappresenta.
Questo è il legame tra mondo della scuola e associazionismo, conoscenza come coesione sociale, divulgazione culturale come appartenenza.
Non vogliamo certo dare la nostra “ricetta della felicità” al Ministro e a chi in questa seduta lo rappresenta, non siamo parasindacalisti, non abbiamo titolo a parlare dei contenuti didattici, dei maestri unici, e delle varie riforme che si susseguono velocemente una dietro l’altra. Posso solo dire, in nome dei soci che rappresento e dei circa quaranta anni di Storia che Archeoclub d’Italia sta per compiere, che è opportuno aprire al più presto un tavolo centrale o una serie di tavoli regionali o provinciali in cui i Distretti scolastici, nella loro offerta formativa,
valutino l’opportunità di dare maggiore peso a questi corsi che sono un modo concreto e, riteniamo, utile per avvicinare il mondo della scuola al proprio territorio, una marcia in più che si prefigge di sostenere e approfondire, in orario extrascolastico, la storia e la storia dell’arte della città e della Regione di appartenenza.
Certo, la forte spinta al federalismo assegnerà sempre più potere alle Regioni in tema di cultura e istruzione, nuove saranno le prospettive di collaborazione, gli spunti di ricerca. In questa fase di assestamento giuridico- sociale l’associazionismo culturale, ente formatore, giocherà un ruolo essenziale come soggetto di riferimento sul territorio, un soggetto dialogante e operante con le istituzioni locali e i cittadini, una cerniera preziosa di collegamento tra istanze sociali, politiche e culturali. Per questo tutti noi chiamati oggi al dibattito dobbiamo aspirare alla qualità dei servizi erogati, alla collaborazione più alta, nella forma ma ancor più nei contenuti, con i distretti scolastici regionali. Ma a mio avviso, proprio in questa fase delicatissima del sistema Istruzione (che è poi è un’espressione fondamentale del sistema Paese), è ancora il Ministero a dover tracciare le linee guida per un’alleanza vera e di sostanza tra scuola e associazionismo culturale.
Sappiamo che è in programmazione la costituzione di una sorta di agenzia centrale che curerà il “link” enti formatori (ne risultano accreditati otre 400) e i loro relativi programmi didattici. Ebbene Archeoclub d’Italia propone un partecipazione attiva dell’associazionismo all’interno di questa struttura affinché i collegamenti con il territorio, le strategie e gli orientamenti sui corsi proposti siano più chiari, fluidi e diretti all’obiettivo. Se si punta alla qualità e all’unità di intenti, si potrebbe nel tempo creare una conoscenza profonda e preziosa sui beni culturali locali da parte di insegnanti, alunni e cittadini. Una conoscenza che potrebbe risultare utilissima quando - in un giorno non molto lontano – saranno le Regioni e gli enti locali ad avere, oltre alla valorizzazione e, in parte, alla gestione che attualmente già compete loro, anche l’esercizio della tutela sul patrimonio artistico di appartenenza territoriale. Potere che oggi spetta alle soprintendenze, massacrate da anni dal primato dell’economia e della politica clientelare. Quando quel giorno verrà, un occhio in più, una mano in più, un’idea in più noi di Archeoclub d’Italia, insieme agli insegnanti e agli alunni - nel frattempo svezzati a Foligno, a Benevento, a Val di Comino, a Cefalù e, ci auguriamo, in tante altre parti d’Italia – potremmo ben darli a chi, enti locali in primis, li chiederanno per la sopravvivenza dei beni culturali. Non possiamo sottrarci ai futuri cambiamenti, dobbiamo governali e gestirli. E forse, tra i frequentatori dei nostri corsi che puntano alla ricerca della memoria, al passato che non passa, all’antico che è ancora moderno, ci sarà quello che un giorno, nella stanza dei bottoni, spingerà sulla scuola e sulla cultura. Perché la rivoluzione del futuro si prepara oggi sui banchi di scuola, in un’aula di biblioteca o in un teatro comunale, se non accendiamo noi la miccia per far esplodere animi e cervelli non lo farà nessuno.
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